L’Attoscuro – Giù le mani dalla scarpina
Orfana di madre Cenerentola è costretta in cucina dalla due sorellastre e dalla matrigna. Là, accanto al focolare, dovrà sgobbare da mane a sera mentre la madre morta veglia su di lei a patto che ella sia sempre docile e buona. Margherita sogna il Principe e lo confonde con Mefistofele, così Rosaspina, per ingenuità condanna tutto il Palazzo a dormire per cent’anni e solo l’arrivo del Principe, di quel Principe, libererà lei e tutta la sua stirpe dal sonno a cui era stata condannata… Una trama non trama che si dipana soprattutto forzando i contrasti proprio come nella fiaba -bene e male- bianco e nero. E così da una parte Cenerentola/Margherita attenta a tenere ben linda la biancheria -bianco- e dall’altra parte la strega -naturalmente nero- e ancora la sposa (Margherita/Biancaneve?) bianco. Una tavolozza di colori base cui si aggiungono, non a caso l’azzurro o/e il rosso, simbolo di crescita e maturità (maternità/parto/mestruo?). Suggestioni per raccontare un modo di essere femminile sempre in bilico tra il sogno e realtà. Un racconto che si dipana sfruttando il cliché della fiaba e allora tre sarà il numero importante, perché solo dopo aver superato la prova tre volte nella fiaba è concesso far succedere qualcosa, e ancora sette sarà il numero della veglia o cinque numero del sonno. Suggerimenti che nascondono trame più fitte dove si indaga la sindrome del focolare, il sogno comune a tutte le donne del Principe Azzurro, il rapporto madre-figlia, madre e matrigna, la vanità che uccide, la rivalità, la magia, la bellezza.