Referendum, ossia…

Dal latino rĕfĕro, anche retuli, relatum. Ossia…
Ricondurre, riportare, portare indietro…
Ottenere, conseguire…
Rendere, restituire, riconsegnare…
Dare, offrire, pagare…
Contraccambiare, ripagare…
Registrare, annotare…
Riferire, attribuire…
Ripetere, riprodurre, riecheggiare, risuonare…
Rinnovare, rifare, ripristinare…
Rammentare, ricordare, rievocare…
Raccontare, annunciare, menzionare…
Replicare, obiettare, rispondere…
Fare una relazione o un rapporto o una proposta, sottoporre al giudizio di qualcuno.
Ora, sia chiaro: io il latino non l’ho studiato. Quando andavo alle medie la mia generazione è stata l’ultima ad avere il latino fra le materie scolastiche, ed era pure facoltativo.
Fatto sta che il 17 aprile succede una cosa molto semplice: lo Stato ti pone una domanda.
Vero è che fino ad oggi la Costituzione italiana prevede solo l’esistenza del referendum abrogativo.
Fatto sta che ogni referendum si apre con la formula “Volete voi che sia abrogato…” e si riferisce ad un preciso articolo di legge.
Questa volta non si abroga un articolo di legge, o un’intera legge. Si abroga un paragrafo:
…per tutta la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto della salvaguardia ambientale…
Ora, togliere queste 14 parole (compresi gli articoli), cosa cambia? Cambia che per un investitore l’impianto di estrazione non è più “eterno” dove per eterno significa che normalmente è valido finché non arriva uno che dice “ok, ragazzi, qui non c’è più nemmeno una tazzina di oro nero” e firma un documento che dice BASTA.
Significa che una concessione avrà una durata stabilita, che non significa che lo Stato brucia risorse non apponga il suo benestare a una concessione da 200 anni… Basta guardare in che stato vergognoso sono ad esempio le fonti di acqua che pagano pochi euro all’anno di concessione… o le spiagge.
Come sempre, non c’è qualcosa di assoluto. Non è un referendum che bloccherà le trivelle, ma in caso di vittoria dei “sì” è possibile che gli imprenditori non vedano convenienza economica in una concessione temporalmente limitata.
È una questione tecnica. Non sarebbe stato necessario un referendum se ci fosse stato un governo governante, ma dato che la situazione è questa, sono state le Regioni ad indire il referendum, non avendo un governo centrale cui rivolgersi.
Quello che conta è solo ed esclusivamente una cosa sola: ti viene fatta una domanda. Ti viene chiesto il parere su qualcosa. Hai la possibilità di dire la tua, di replicare, obiettare.
Non andare a votare è stupido. È maleducato come non rispondere quando qualcuno ti fa una domanda.
Il “non voto” non è un voto, è una coglionata.
E non ti da diritto, poi, di dire nemmeno una parola, quando ti è stata chiesta un’opinione tu non hai risposto. Tutti gli altri che hanno risposto sono il cuore di una piccola cosa chiamata democrazia. E se saranno la maggioranza, la loro volontà diventa volontà di tutti.
Ed è la stessa cosa per le elezioni politiche, le amministrative. Non puoi lamentarti se non hai fatto nemmeno lo sforzo di mettere una crocetta. A maggior ragione è una immane cavolata se pensi che quella sessione referendaria, quel momento di voto, li hai pagati anche tu con i soldi delle tasse che paghi. Se le paghi, ovvio.
Poi vogliamo chiederci cosa significhi estrarre qualche barile di petrolio dal mare Adriatico? Già così è una pozzanghera e come tale viene trattata. Certo che si spera che le aziende del petrolio non trovino interesse nell’estrazione, certo che si spera che i costi superino gli utili. È una pozzanghera che in caso di danno a una piattaforma estrattiva significherebbe la morte per tanta gente, che di punto in bianco non avrebbe più il turismo balneare come risorsa. Ma anche per i pescatori. E penso anche al traffico mercantile, per non parlare di quello da diporto.
E tutto per qualche goccia di petrolio facilmente sostituibile da altre fonti di energia, sostenibili e gestibili.
Comunque, che tu dica sì o che tu dica no, qualcosa devi dire.
Staresti zitto e buono se ti mettessero un cappuccio in testa e ti violentassero?