Il senso del testo
Spesso, troppo spesso, mi accorgo di sentire testi assurdi. Soprattutto dalla televisione.
So benissimo che dalla televisione non posso aspettarmi più di tanto, dato che è lo strumento principe dell’impoverimento lessicale, ma comunque…
Io vivo da solo. Nel poco tempo che ho da dedicare al relax, tolta alla giornata il lavoro e le attività propedeutiche al lavoro, capita anche che accenda la televisione. Praticamente solo sui canali con documentari di varia natura. Molte volte accendo, tengo basso il volume e apro uno dei libri che sto leggendo. Lo so che non sono normale, ma ne leggo sempre più di uno alla volta, saltando da uno all’altro. Lo faccio per tenere allenato il cervello.
Così ogni tanto sento delle cose che mi sembrano assurde, ma non mi curo più di tanto perché mi viene da pensare che forse ho capito male.
Una delle ultime cose che ho sentito è una pubblicità. E l’ho sentita diverse volte in un tardo pomeriggio domenicale.
Si tratta di un prodotto alimentare per bambini. Una mamma giovane che presenta il prodotto e vorrebbe raccontare di una familiarità con quel prodotto data dal fatto che esiste da quando anche lei era bambina. E ci sta, come idea non è originale ma ci sta. Solo che la pubblicità, di una grossissima multinazionale di origine svizzera, è stata realizzata all’estero, quindi importata e tradotta.
Tradotta probabilmente con Google Translator o sistemi analoghi.
Così succede che il testo della mammina pecchi per la traduzione letterale di un “I can” che trasforma un “posso ancora darle quel prodotto” in “devo ancora darle quel prodotto”.
Io non sono certo un letterato, ho a malapena rudimenti di espressione leggermente più raffinati di chi guarda solo televisione perché la letteratura scritta è scritta da persone che hanno una cultura più profonda.
Ho diversi amici che hanno studiato e fra loro alcuni hanno studiato lingue straniere, così ho attinto al loro sapere e migliorato anche la mia capacità relativa: sono una sanguisuga.
E nonostante abbia imparato l’inglese da autodidatta, nonostante conosca perfettamente la pochezza del mio sapere, perfino una traduzione come questa mi appare in tutta la sua pochezza.
E penso che il linguaggio lasciato in mano a chi non ha cultura e capacità sia la vera torre di Babele. E ci ripensavo guardando questa immagine, la torre di Babele della tecnologia.
Certo, la lingua ha sfumature, ha strutture, sottostrutture, consente intesi e sottintesi.
Ma che una multinazionale che guadagna miliardi si possa permettere di fare scivoloni semantici di questo tipo è comunque cosa che fa pensare. Forse che non potessero chiedere un expertize a un traduttore preparato?
O forse che lo sponsor voglia dirci che la sua è una posizione di forza assoluta e quel prodotto è un “must assoluto”?
E non è una. È una ridda continua di cose tradotte male, una tradizione umana che ha inizio, forse, con l’evoluzione dell’uomo? Pare che si dati l’origine della lingua all’apparizione dell’uomo di Neanderthal o del primo homo sapens, circa 200.000 anni fa.
Come certe religioni, che si basano su narrazioni “scritte” in sanscrito poi tradotto in greco antico e finalmente in latino. Perdendo spesso completamente senso.
Fatto sta che la torre di Babele non solo non è mai stata distrutta, ma ce la siamo messa sopra e attorno e uno degli ultimi livelli raggiunti comprende proprio tutte le forme di linguaggio.
Forse Philip K. Dick nel suo “Do androids dream of electric sheep?” già nel 1968 aveva compreso una possibile evoluzione del linguaggio con l’avvento di un metalinguaggio fatto di parole e grammatica provenienti dal mix di inglese, cinese, spagnolo…
Io non lo so, ma mi pare che stiamo vivendo un periodo decisamente di scarso livello. E non è che riducendo le capacità descrittive della lingua cambi qualcosa… Shakespeare scriveva che una rosa, anche con altro nome, avrebbe comunque il suo dolce profumo. Qui siamo in una situazione analoga, solo che stiamo addolcendo il senso di quello che è un prodotto fecale.